La prima di Mundo Deportivo (4 marzo 2005) |
Il 3 marzo 2005 si spegneva ad Aalst (non lontano da Bruxelles) Marinus Jacobus Hendricus Michels. Cresciuto nell'Ajax, di cui fu centravanti tecnicamente modesto ma di grande energia e buone abilità realizzative, degli ajacidi diviene poi, come si sa, l'uomo chiave. Lanciò Johann Cruijff, costruì una macchina perfetta: anzi, un capolavoro. Quando, parlando della storia del calcio, si affronta il capitolo del calcio totale, si parla soprattutto di lui. Di questa lunga storia, è un titano.
Addio Michels, inventore del calcio totale
Gigi Garanzini, "La Stampa", 4 marzo 2005
Non era ancora il grande Ajax quello che Cesare Maldini andò a studiare nella primavera del '69, in vista della finale di Coppa Campioni: tant'è vero che la grande regia di Rivera e i tre gol di Prati fecero sembrare quel trionfo poco più di una formalità. Ma quando Maldini provò a raccontare a Rocco come giocavano gli olandesi, riempiendo di frecce il primo pezzo di carta che gli capitò a tiro, il paròn capì che per uscirne, e insieme evitare di preoccuparsi seriamente, serviva una battuta delle sue: «Ma questi xe olandesi o indiani?»
Erano indiani, per davvero. O figli della rivoluzione del '68, o profeti di ima dottrina che avrebbe cambiato per sempre il modo di fare calcio. E il loro capo-tribù si chiamava Rinus Michels. Il suo calcio totale che trasformava gli spazi in praterie era fatto di un possesso-palla esasperato, di accelerazioni improvvise, di pressione multipla sul'awersario col pallone, di fuorigioco alto quando non altissimo. Ma soprattutto era interpretato non più da specialisti dei vari ruoli, bensì da giocatori eclettici capaci di attaccare e difendere, di giocare senza palla prima ancora che con la palla, di muoversi con disinvoltura in ogni zona del campo stando sempre corti, compatti, ossessivi. Una nuvola biancorossa, quella dell'Ajax, una nuvola arancione, quella dell'Olanda. Con portieri che, una volta aboliti i ruoli specifici, si erano riciclati da liberi. interpretando la parte in maniera più spregiudicata.
L'emicrania non venne soltanto a Maldini. Venne agli inglesi la prima volta che affrontarono l'Olanda di Michels, le punte scattavano sul risaputo lancio dalle retrovie e la nuvola arancione li aveva messi in offside non di tre, ma di dieci-quindici metri. Venne al sommo Brera, cui quei satanassi mandarono all'aria tutti i parametri atletici e tattici sino a lì elaborati: e Brera se ne vendicò ribattezzandoli «cicale» dopo la finale mondiale persa nel '74 dai tedeschi padroni di casa.
E' vero, nell'albo d'oro ci sono le formiche, che ad ogni buon conto si chiamavano Beckenbauer, Muller, Overath, Breitner, Mayer. Ma nell'archivio delle emozioni indimenticabili restano loro, restano quei 16 tocchi consecutivi olandesi dal fischio d'avvio al fallo di Vogts su Cruyff in area germanica. Il primo tedesco a toccare il pallone in quella finale fu Muller, riavviando il gioco dal disco di centrocampo dopo il rigore di Neeskens.
Il generale Michels si prese la rivincita quattordici anni più tardi quando, sullo stesso campo, l'Olympiastadion di Monaco, decorò la bacheca olandese dell'unico trofeo conquistato sin qui, l'Europeo '88, firmato da una storica prodezza di Van Basten. Ma fii un indennizzo tardivo e mai fino in fondo assaporato. Perché pur nel rispetto di una matrice di massima, quella non era più la sua Olanda-totale. Tant'è vero che il suo fuoriclasse, Van Basten, era pienamente classificabile, in quanto prototipo del centravanti moderno: a differenza del fenomeno d'un tempo, Cruyff, che segnava sì a mitraglia ma che nessuno ha mai saputo battezzare se non come uomo-ovunque. E' appena il caso di ricordare che senza quei solisti, nemmeno la storica bacchetta di «Iron-Rinus» avrebbe potuto cavare dall'orchestra le sonorità che non dimenticheremo. Ma è vero anche che, proprio come Toscanini, nessun direttore ha più saputo rivoltare come un guanto certi spartiti di routine. Grazie allo studio, all'approfondimento, all'ansia quasi nevrotica di innovare. E ad un caratteraccio che non prevedeva sconti. Le famose, furibonde scenate a Rep e Suurbier fanno il paio con quelle di Toscanini a soprani e tenori. Ma poi che musica, in quei teatri d'antan.
Vedi anche:
Addio rivoluzionario Michels (Corrado Sannucci. "La Repubblica", 4 marzo 2005)
Rinus Michels (Brian Glanville, "The Guardian", 4 marzo 2005)